lunedì 19 novembre 2012

I PROFESSIONISTI, LINKEDIN E L'IMPORTANZA DI FARE NETWORK

Che, tradotto, diventa l'inflazionato "fare rete"
Inutile rimarcare l'importanza della rete di relazioni che riesce ad instaurare chiunque abbia un'attività, sia che si tratti di un'azienda, di un libero professionista, di un ente o di un'associazione non profit. La rete, o network che dir si voglia, è un'inesauribile fonte di informazioni, di potenziali clienti, di possibili iscritti, associati, sostenitori, ma anche stimolo di crescita. Questa riflessione mi sorge dopo aver letto un articolo  pubblicato sul portale Pmi.it dove, a fianco di statistiche frutto di un'accreditata ricerca "Antropologia del networking", condotta da Linkedin e Ipsos, si riportano preziosi consigli per crearsi una rete efficiente di contatti.
Non so voi, ma io vengo sempre irresistibilmente attratta dalla voce consigli, oppure segreti, dritte, mosse furbe e così via discorrendo. Saltando a piè pari, o quasi, le statistiche che, peraltro, stigmatizzano la differenza di comportamenti tra Nord e Sud, sono subito andata a leggermi avidamente i suggerimenti con la segreta speranza di trovare qualche spunto nuovo.
La delusione è stata cocente. I consigli, dispensati addirittura dal deus-ex-machina Linkedin, sono abbastanza ovvi e chiunque abbia un minimo di dimestichezza con l'uso e le caratteristiche dei social network con un minimo di riflessione ci può tranquillamente arrivare.
Eccone qualcuno: importanza della prima impressione e, di conseguenza, della foto (leggi mio post "Gli effetti collaterali dei social network"). Suvvia, adesso non vorrete farmi credere che eravate all'oscuro dell'effetto negativo che può provocare una foto brutta, non veritiera, o scattata mentre un po' brilli vi reggete a un amico o compagno di bevuta occasionale durante un "ape" in centro città. O, peggio ancora, mentre sfidate gli amici a chi sputa più lontano, e mi fermo qui...
Secondo consiglio: stringere rapporti con colleghi e superiori e intrattenere conversazioni lunghissime. A parte il fatto che potreste passare per degli emeriti scocciatori (vedete quando sono politically correct nell'uso del linguaggio più appropriato?), non è detto che i vostri argomenti siano graditi o condivisi dalla controparte. Occhio quindi, perché questo potrebbe rivelarsi un terreno minato. Quello che posso suggerire, per quella che è la mia modesta esperienza, è di improntare le relazioni sul web esattamente come si farebbe, o si dovrebbe fare, nella vita reale: trasparenza, sincerità, onestà. Se non conoscete un argomento, non fingetevi esperti. Se non amate la musica classica, o una parte politica, o non condividete un punto di vista, forse la tattica migliore è glissare, scivolare con noncuranza su altri argomenti, fingere un black out della connessione, and so on... Ricordate, sempre, che le conversazioni sui network non sono quasi mai totalmente private e, in fin dei conti, se la vostra finalità è stringere buone relazioni professionali non è quella la sede per avviare dibattiti o polemiche se non volete che le buone relazioni si trasformino in un boomerang dagli effetti esattamente opposti.
Tim Cook, CEO Apple
E, anche qui, vale la regola della comunicazione di crisi che io ritengo essere una delle massime espressioni delle aziende che sanno veramente fare marketing: se avete sbagliato, ammettetelo, scusatevi e se possibile cercate di porre rimedio, altrimenti ritiratevi in buon ordine. Apple a mio avviso ne ha dato una dimostrazione esemplare quando, attraverso Tim Cook, si è scusata con i suoi clienti per il mal funzionamento di Maps iOS6. Non solo, nella lettera aperta il Ceo (amministratore delegato) del colosso californiano non si limita ad ammettere il problema facendo atto di contrizione di fronte ai clienti ma addirittura suggerisce loro di ricorrere temporaneamente a prodotti similari della concorrenza, in attesa che l'azienda della mela morsicata risolva la debacle e reimmetta sul mercato l'applicazione funzionante.
A onor del vero il fare outing dell'azienda di Cupertino è stato oggetto di valutazioni controverse, in molti hanno giudicato azzardata la mossa di Cook che, secondo i critici, avrebbe consegnato i clienti alla concorrenza. D'altro canto c'è stato invece chi ha sostenuto che questa è stata la dimostrazione del fatto che Apple non teme concorrenza di sorta. Ai posteri l'ardua sentenza.
Tornando ai nostri consigli, non vi tolgo tutto il divertimento e vi lascio la gioia di andarveli a leggere direttamente nell'articolo citato




Tuttavia devo fare un'ultima considerazione su uno degli ultimi suggerimenti dispensati, riguardante la necessità di tenersi aggiornati sugli argomenti più rilevanti. Gli ultimi anni della mia vita professionale sono stati caratterizzati da un aumento esponenziale delle ore dedicate alla formazione continua e qualcuno addirittura ha ipotizzato che, per potersi ritenere esperto in una materia qualsiasi, occorrono almeno 10.000 ore di formazione. Sinceramente, non so quanti di noi possano concedersi il lusso di dedicare così tanto tempo alla lettura e alla ricerca per arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, ma sono altrettanto certa che l'accelerazione vertiginosa impressa alle informazioni dai nuovi strumenti di comunicazione digitale vieti a chiunque, dalla casalinga di Voghera al CEO di New York, l'ignoranza. Ho visto attempati signori che al termine di una conferenza si ergevano orgogliosi dichiarando "Facebook non mi avrà mai!", con buona pace di Steve Jobs e della sua mitica esortazione "Stay hungry, stay foolish". Ignorano, costoro, che l'età anagrafica si misura in anni, quella mentale si misura in bit. In ultima analisi, se ci pensate, Internet è come la Legge: non ammette ignoranza.


Patrizia Kopsch
Doctor in Social Media Addiction

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